Nella giornata internazionale contro l’omofobia, voglio riproporre un mio articolo, uscito l’anno scorso sul Corriere della Sera, in cui scrivevo di gender rights,raccontando una storia particolare e toccando un tema molto delicato, soprattutto in Italia, che credo possa essere inerente con le tematiche di questo 17 maggio: le adozioni omosessuali. 
In fondo, se non esiste distinzione o differenza fra i sessi, perché dovrebbero esserci delle differenze nell’adottare?

In Cina...

In Cina…

“Ci sono molte tipologie di famiglie, quelle con un padre e una madre; quelle con soltanto un genitore e quelle che hanno due mamme, come la nostra”.

Christina Schlesinger, occhiali rotondi e capelli un po’ in disordine, pittrice con la passione per i murales che vive a Manhattan, nel distretto di Tribeca, insieme alla sua compagna Nancy. Figlia del rinomato storico Arthur Schlesinger, vincitore del premio Pulitzer nel 1966 per la biografia di John Fitzgerald Kennedy (di cui era amico fidato), Christina dopo una vita passata a inseguire la propria carriera professionale, sente che le manca qualcosa:

“Avevo vissuto di tutto nella mia vita, eppure mi ero resa conto di essermi persa una parte fondamentale: il diventare madre”.

Sono gli anni Duemila, in alcuni stati americani, come quello di New York, le adozioni per le coppie omosessuali sono legali e così, grazie alla Ong «From China with Love», Christina vola a Pechino insieme alla compagna Nancy, che con entusiasmo decide di appoggiare il suo intento, per adottare Chun. Sebbene in media siano adottati centomila neonati ogni anno in Cina, l’adozione per Christina e Nancy non è stata semplice: una sola foto della bambina per decidere, una lunga serie di permessi, l’arrivo in un hotel alla periferia di Pechino insieme con altre coppie desiderose di adottare e infine l’attesa dei bambini, senza sapere nulla a riguardo:

“Mi ero dovuta spacciare per una madre single, in quanto in Cina non avrebbero mai affidato un bambino a una coppia come la nostra. E, a differenza delle altre coppie, Chun aveva già tre anni quando la incontrai. Mi dissero che a cinquanta anni ero troppo vecchia per poter adottare un neonato”.

Appena arrivati...

Appena arrivati…

Chun intraprese il volo di ritorno negli States senza chiudere occhio: dopo tutto quel tempo passato in un orfanotrofio, ogni cosa doveva sembrarle più che nuova. Sono passati quattordici anni da allora, oggi Chun ha diciassette anni e il sogno di visitare l’Europa. Sta per scegliere il college e le sue mamme sono preoccupate che possa andare in California per l’università. Da sempre Chun vive il suo rapporto con Nancy e Christina, che lei distingue chiamandole «Mummy» e «Mum», in maniera serena:

“Per me è stata sempre la normalità avere due madri, non ci vedevo nulla di strano e, anche a undici anni, quando capii che la mia famiglia era un po’ atipica, per come la vedevo continuava a non esserci nulla di male. Sono i miei genitori e gli voglio bene”. 

Chun ammette di sentirsi molto fortunata, in quanto solitamente in Cina i bambini abbandonati non hanno un futuro e sono condannati per tutta la vita a un’esistenza da reietti. Non ricorda niente del suo passato, da piccola parlava cinese ma adesso l’ha completamente dimenticato e riferendosi ai suoi veri genitori, dice:

Oggi....

Oggi….

“Non provo nulla per loro e, forse, li vorrei conoscere solo per capire se abbia preso più da mia madre oppure da mio padre. Per il resto, non ho alcun interesse nei loro confronti. So di essere cinese, ma mi sento americana a tutti gli effetti”.

Eppure, approfondendo la questione, ammette di essere grata a sua madre per averla salvata, abbandonandola di fronte un orfanotrofio: “Doveva amarmi molto”, dice.  E’ noto, infatti, come in Cina i figli indesiderati vengano molto spesso abbandonati (circa 570mila bambini solo nel 2012 secondo il ministero degli Affari civili cinese) e lasciati per strada o addirittura buttati in un bidone dell’immondizia, condannandoli così a una morte certa.


Nella loro casa di Tribeca
, piena di quadri, libri d’arte e sculture, le giornate scorrono fra la pazienza di Christina e le preoccupazioni di Nancy, la più ansiosa delle due, per quanto riguarda il futuro della figlia:

“Nonostante una carriera da scultrice con opere acquistate anche dal Metropolitan Museum di New York, aver adottato Chun rimane la cosa più bella che mi sia capitata”.

L'amore non fa distinzioni.....

L’amore non fa distinzioni…..

Oggi il numero delle adozioni negli Stati Uniti è in continuo aumento, quasi raddoppiato nel decennio fra il 2000 e il 2010, mentre un censimento del governo americano ha fatto emergere che le coppie omosessuali con almeno un figlio preso in adozione siano il 19%.

Fin dal loro ritorno dalla Cina, Chun ha avuto la fortuna di crescere in ambienti tolleranti e «openminded», a partire dalla scuola elementare, dove una famiglia come quella di Chun veniva vista come la normalità, non un’eccezione. A parte qualche caso sporadico, come quando un insegnante nascose la foto della famiglia di Chun, così da impedire agli altri bambini di vederla, in generale le persone hanno sempre mostrato disponibilità e tolleranza nei loro confronti. Tanto che Chun non ritiene una vergogna avere due madri anziché un padre:

“Esistono tante famiglie considerate normali, dove i genitori si disinteressano totalmente dei proprio figli, per non dire di peggio. Io posso dire di essere cresciuta circondata dall’amore e dall’affetto delle mie due madri, che si sono sempre fatte in quattro per me, nonostante tutti i problemi. Di conseguenza, come potrei mai lamentarmi?”.

La storia, scritta dal sottoscritto, la trovate anche sul Corriere della Sera( ecco il link:http://bit.ly/1ETClWl), dove era stata pubblicata a maggio dell’anno scorso.