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Con oltre un milione e mezzo di abitanti,  Erbil , la città dai cento nomi , è una delle città più antiche della
terra, in quanto il suo nucleo originario risale a 6000 anni fa.
Semisconosciuta al mondo occidentale, Erbil è una vera ‘perla’ archeologica e culturale del Medio Oriente.
“La cittadella di Erbil sorge su una collinetta artificiale di circa 50 metri e nel corso dei secoli è sempre stata abitata.
La cittadella è una suggestiva costruzione che domina la città dichiarato recentemente Patrimonio dell’Umanità dall’ Unesco.
La Regione Autonoma del Kurdistan ha raggiunto negli ultimi anni la ribalta delle cronache come l’altro Iraq. Nel 2011, il National Geographic  l’ha descritta come un’oasi di pace e sviluppo e il New York Times l’ha collocata al trentaquattresimo posto delle quarantuno migliori destinazioni di viaggio, battendo Miami, arrivata solo quarantunesima. La Regione, in realtà, più che per i turisti è oggi una meta ambita per multinazionali e investitori privati. Dopo la sanguinosa persecuzione etnica da parte di Saddam Hussein, un decennio di conflitto armato fra Iraq e Iran, due guerre per l’esportazione della democrazia e una guerra civile, il Kurdistan iracheno avanza oggi a grandi passi verso una nuova condizione di stabilità politica ed economica. Questa lunga storia di conflitti e violenze ha lasciato sul terreno segni e cicatrici indelebili, ma allo stesso tempo ha creato una situazione unica di apertura e opportunità in cui il futuro è tutto da inventare, le possibilità di sperimentare sono a portata di mano e la direzione da seguire è ancora da scegliere.
Erbil, la capitale del governo regionale e una delle città più antiche del mondo abitata senza interruzione per migliaia di anni, è un esempio straordinario di questa condizione.
Uno dei principali artefici di questa crescita è Nawzad Hadi, che ricopre la carica di governatore di Erbil dal 2004.
In un’intervista , il governatore ha illustrato con la chiarezza di un visionario i passi necessari alla realizzazione di quello che definisce “un grande sogno”: la costruzione di una città degna di essere una capitale internazionale, “una nuova Dubai”. Questa non è una dichiarazione da poco, considerando che il Kurdistan non è neanche uno stato ufficialmente riconosciuto. “Lo faccio per la mia gente, ne abbiamo il diritto dopo anni di oppressione”. La dimensione della scommessa di Nawzad Hadi ha dell’incredibile: è cominciata con l’asfaltare le strade e il garantire un accesso regolare ad acqua corrente ed elettricità, è continuata con la realizzazione e l’implementazione di una fascia verde intorno alla città e si sta evolvendo nella trasformazione di Erbil in un hub economico e commerciale.
In una miscela esplosiva di profitto individuale e bene comune, il governatore ha abbracciato il profilo storico e culturale della città come simbolo di questa rinascita e ha avviato il restauro della Cittadella, il cuore millenario di Erbil, lavorando con l’Unesco per la sua inclusione nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità. Allo stesso tempo, con un occhio alle tendenze internazionali dello star system dell’architettura, ha affidato a Daniel Libeskind la progettazione del museo della memoria curda, un progetto audio-visivo di ricostruzione storica e narrativa del genocidio, il cui inizio dei lavori  previsto entro il 2012.
Nawzad Hadi, il governatore di Erbil
La Regione Autonoma del Kurdistan ha scelto Erbil come immagine emblematica della propria capacità di autogoverno; l’investimento sulla crescita urbana acquista in questo caso una connotazione fortemente politica.
Attraverso la concessione di benefici fondiari e supporto strutturale, il governo regionale sta favorendo la circolazione di capitale privato che ha comunque un impatto significativo sullo sviluppo urbano e l’espansione edilizia. Negli ultimi cinque anni sono arrivati in città i grandi marchi del commercio internazionale, gli alberghi extra lusso si sono moltiplicati, così come sono apparsi nuovi complessi residenziali che suggeriscono il desiderio e la possibilità di stili di vita esclusivi. Dream City, Empire City, English Village, Royal City, Vital City, Italian Village sono le gated communities che, una di fianco all’altra, occupano una buona fetta della circonvallazione esterna di Erbil, non lontano dal cantiere dell’hotel Marriott e dalla torre di ventitre piani dell’hotel Divan.
La prosperità economica di Erbil è solo una delle molteplici facce di questo percorso di transizione verso uno stato di democrazia matura. Le tracce di anni di conflitto e l’investimento quasi unidirezionale sulla crescita della capitale si mostrano invece con toni drammatici nel resto del territorio regionale. All’entusiasmo di questo nuovo benessere fanno da contraltare villaggi di montagna e campi profughi in cui l’arte di arrangiarsi sono gli strumenti che garantiscono la sopravvivenza.
Wlaxlw è un villaggio di una cinquantina di case di pietra e fango sulle montagne al confine fra Iraq e Iran che, per la sua posizione geografica, è stato costante bersaglio di bombardamenti nel corso della guerra fra i due Paesi ed è ancora oggi circondato dai resti di quel conflitto: missili, proiettili, gusci di bombe, scatole di munizioni ed elmetti. Gli abitanti di Wlaxlw, in questi ultimi vent’anni, hanno fatto di necessità virtù e nella ricostruzione postbellica hanno utilizzato questi scarti come materiale edilizio.
Ed è così che i razzi Katyusha diventano travi di sostegno per i soffitti o pilastri per i pergolati, gli involucri dei missili si trasformano in tubi di scolo, gli elmetti (quelli senza fori di proiettile all’altezza della fronte) fungono da fioriere o servono a raccogliere l’acqua piovana mentre i paletti di segnalazione delle mine anti-uomo sostengono le cataste di legna per il fuoco e le scatole di munizioni incassate nel terreno compongono i gradini che conducono alla parte più alta del villaggio.
Wlaxlw è uno spaccato di mondo strabiliante, una combinazione surreale fra un paesaggio post-apocalittico e un dipinto a olio di un orientalista ottocentesco. E non è l’unico esempio della contraddittorietà di queste coesistenze. Storie simili si trovano nei vari complessi militari che ospitavano le truppe dell’esercito di Saddam Hussein di stanza in Kurdistan e che sono state trasformate a partire dalla fine del 1996, all’apice della guerra civile, in veri e propri villaggi con tanto di moschee, piccoli negozi e scuole elementari. Ma’asker Salam, Top Khane e Raparin sono tre di questi ‘villaggi’ a pochi chilometri da Sulaymaniyah, la seconda città della Regione Autonoma del Kurdistan.

Il parco pubblico Parki Shar, ai piedi della Cittadella di Erbil, il cui restauro è stato avviato di recente.
L’ UNESCO la vuole includere tra i siti Patrimonio dell’Umanità

Tra il sushi bar al ventunesimo piano di un albergo a cinque stelle al centro di Erbil e i razzi Katyusha utilizzati come elementi costruttivi a Wlaxlw, la lettura del paesaggio antropizzato si rivela uno straordinario strumento interpretativo di quella che, spesso in modo astratto, è definita come dimensione post conflitto.
La distribuzione iniqua del benessere prodotto dagli sforzi di ricostruzione post-bellica lascia sul territorio i segni incontestabili che rivelano la temporalità di un percorso non lineare e spesso pieno di ostacoli.
Nel Kurdistan iracheno, improvvisazione e resilienza rappresentano l’altra faccia della medaglia delle scelte di pianificazione urbana in larga scala e del sogno di diventare la prossima Dubai.