Giornata ad Erbil.
Giornata di interviste. Magari pure di riposo? Macché, figuriamoci……
Il sabato incomincia per me fin dalla notte, quando alle 3:00 a.m si sentono dei colpi di proiettile in lontananza dalla stanza del mio albergo.
E pensare che stavo quasi per andare a dormire: un calmante così mi ci voleva proprio.
Tutto sommato riesco a prendere sonno e mi risveglio la mattina scoprendo che quegli spari provenivano da uno scontro a fuoco tra la polizia locale e una banda di rapinatori siriani.
Grave, ma nulla di che, per uno che si era immaginato la terza guerra mondiale sotto l’albergo.
Finalmente scopro come non farmi infinocchiare più dai tassisti: basta dollari, il cibo e gli spostamenti si pagano solo in Dinari.
L’unico inconveniente: scopro che in Iraq, dalla caduta di Saddam Hussein, non esistono più le monete, ma solo le banconote, quindi mi ritrovo ad andare in giro con un portafoglio che non si chiude più per il volume e la quantità di moneta locale.
Mi incontro verso mezzogiorno con la sig.ra Irene Zanella, restauratore e conservatore freelance, che lavora come docente presso l’ “Iraqi Institute for the conservation of antiquities and heritage” di Erbil, insegnando ad una classe di 16 studenti, provenienti da tutto l’Iraq, le tecniche di conservazione, di restauro e di mantenimento corretto dei beni librari iracheni.
Ovviamente stiamo parlando di libri, manoscritti, pergamene vecchie di millenni, a partire dall’epoca dei sumeri….sapete…..quei tizi che tutti hanno studiato alle medie…..tra il rinomato Tigri e il famoso Eufrate……senza che nessuno si domandasse mai dove fosse la Mesopotamia….beh si tratta dell’Iraq.
Il progetto ,della durata di sei mesi, è finanziato dal governo curdo, ma un contributo importantissimo e rilevante proviene direttamente dalla nostra Italia, infatti, il governo italiano finanzia questo programma di restauro dei beni culturali e, tramite l’ ISCR( Istituto superiore di Conservazione e Restauro) di Roma, da anni invia esperti e professionisti del settore affinché educhino e insegnino ai corrispettivi iracheni a prendersi cura del proprio patrimonio culturale.
Il fatto è che, come per la Ong intervistata ieri, il contributo italiano si fonda sull’esperienza pratica e azioni tangibili che possano rimanere nel tempo, senza limitarsi a puri e semplici finanziamenti economici, che aiutano, ma non lasciano niente, una volta esauriti.
Il lavoro di Irene Zanella e della sua collega Gaia Petrella mi colpisce molto e mi confidano di essere venute in Iraq attratte dalla romanticità del posto e dalla possibilità di lavorare con reperti così antichi e preziosi, eppure mi confessano di quanto sia difficile la comunicazione tra di loro e la classe, infatti nessuno, o quasi, dei loro studenti parla inglese e ciò rende complicato il comunicare.
Ma ,nonostante ciò, i risultati si vedono e la soddisfazione, alla fine, si rivela essere doppia, proprio perché così tanto sudata.
Terminata l’intervista, decido di ingannare il tempo, visitando l’antica cittadella di Erbil, nel centro della città, mischiandomi tra le persone e passando tra i bazar: la gente mi scambia per curdo e non mi crea problemi di nessun genere, non so se la cosa possa essere positiva o negativa, ma al momento mi aiuta un bel po’ ad assaporare dal vivo la quotidianità più vera di Erbil.
Nel pomeriggio incontro un giornalista locale di nome Azaa Hsib Kradari per discutere della situazione economica, politica e sociale della regione curda e dell’Iraq in generale, ma c’è solo un problema: non parla quasi una parola di inglese. Solo curdo.
E io sono nei guai. Ma, fortunatamente, un mio amico interprete si precipita a darmi una mano. Sono salvo. L’intervista ” s’ha da fare!!!”
Il sig.re Azaa è un giornalista curdo con 25 anni di esperienza alle spalle nel mondo del giornalismo, scrive da freelance per diverse testate curde come il “Kurdistan News” e mi parla dell’Iraq, rivelandomi informazioni e dettagli che non si possono trovare su Wikipedia, credetemi.
Mi parla delle lotte curde, dei massacri compiuti durante la dittatura di Saddam Hussein con armi chimiche contro la popolazione curda, mi racconta dell’ Entifada( la rivolta civile contro il regime del 1991) e di come la dittatura irachena affliggesse e soggiogasse l’intera nazione senza nessuna pietà. Mi parla del coraggio di una popolazione in grado di ribellarsi, fino ad ottenere l’indipendenza politica, mi parla di cose vissute sulla propria pelle e viste con i propri occhi: rimango colpito dalla sua passione, dalla sua veridicità.
Al giorno d’oggi i rapporti con l’Iraq sono tesi e in zone di confine, come Kirkuk, gli scontri sono frequenti: il sottosuolo è ricco di petrolio e, logicamente, fa gola a tutti.
Ma con il tempo, chissà, forse la situazione migliorerà e si raggiungerà un’indifferente pace fra le parti.
L’intervista prosegue parlando dello sviluppo economico curdo e di come, a detta di molti, Erbil e il Kurdistan iracheno sia la nuova “El dorado”.
Infatti, dalla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003, il Kurdistan ha assistito ad un boom economico senza precedenti che ha portato la regione ad essere una delle più ricche al mondo,e in prospettiva, una vera miniera d’oro per tutti quanti.
Non a caso, molte aziende straniere, fiutando le incredibili possibilità di guadagno, hanno fatto a gara per accaparrarsi appalti e fette della torta petrolifera curda. Tutti, tranne gli italiani che, purtroppo, per queste cose sono sempre gli ultimi ad arrivare…..sempre se arrivano…..
Oggigiorno sono presenti più di 1600 compagnie petrolifere in Kurdistan e più del 30% sono straniere. Una percentuale in aumento.
Ovviamente l’incredibile sviluppo economico e la crescita della produzione energetica ha reso il Kurdistan una terra dove, in pochissimo tempo, il benessere si è diffuso fra la popolazione e il tasso di povertà generale si è ridotto quasi allo 0,3%. I dati sono sconcertanti, giuro.
In 10 anni hanno fatto quello che in Italia hanno fatto in 50 anni.
Ma la risposta è semplice, come mi dice Azaa: “Qui ci sono i soldi, tanti soldi!!!!”
Erbil è diventata una babilonia dove si incontrano culture, razze e religioni di ogni genere e le persone fanno a gara per trasferirsi qui: gli stipendi sono altissimi, è una zona tranquilla, non ci sono attentati.
Rispetto all’immaginario collettivo europeo, fatto di convinzioni e pregiudizi fondati sulle immagini della guerra e degli attentati,  qui è tutto un altro Iraq. Tutto un altro mondo.
Come si suol dire: l’altro lato dell’Iraq.
Il futuro per Erbil promette bene e le previsioni sembrano essere delle più rosee: nel 2019 il Kurdistan raggiungerà la quota di produzione di 3 milioni di barili di petrolio al giorno e, probabilmente, riuscirà ad ottenere l’indipendenza dal governo di Baghdad.
Che dire? Il Kurdistan va di moda, il Kurdistan va avanti…..ne sentiremo molto parlare in futuro.
E domani: rotta per Sulaymaniyah.